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Fette di limone - Sanremo 2018 (prima giornata)


Un commento su questa prima giornata di Sanremo, visto che me lo stanno chiedendo tutte le persone che mi incontrano (ed è bello ma anche un po' inquietante essere considerato il sanremologo).

Baglioni ha detto dal primo momento che al centro ci sarebbe stata la musica. Cosa che sembra ovvia, se parliamo del festival della musica italiana. Cosa che raramente accade, visto il peso ingombrante degli ospiti, l'attenzione alle gag e alle gaffe più che al bel canto.

Invece questa sessantottesima edizione è forse la migliore degli ultimi anni come livello generale: manca una canzone veramente e incontrovertibilmente brutta.

Forse, a mancare, è un pezzo orecchiabile, il tormentone che canti già durante il Dopofestival, con l'abbiocco che assale, o il giorno dopo sotto la doccia.

Gli unici sono Lo Stato Sociale. Intendiamoci: sono simpatici come una pozzanghera presa in pieno. Ma il loro pezzo si fa cantare, c'è la vecchia che balla che fa il paio con la scimmia di Gabbani, e pensa che bello a trovarli insieme su Novella 2000. La butto lì: possibile podio.

Gli annunciati vincitori sarebbero stati Fabrizio Moro ed Ermal Meta: accoppiata di cantanti amati dai più e dai mediamente giovani, una canzone "impegnata" che manca da un po' tra i vincitori di Sanremo (l'ultimo era stato Vecchioni), un ritornello orecchiabile. Peccato per il mezzo scandalo, con l'autore che ricicla buona parte di un pezzo precedentemente scartato. Magari non li squalificano, ma insomma, potrebbero fare la fine di Fini con Montecarlo. Peccato.

Un altro molto quotato è Ron, con una struggente canzone scritta da Lucio Dalla qualche anno fa. Tutti diranno che la canzone è una poesia, frase quanto mai abusata e insulsa. Però ci vanno molto vicini. Potrebbe vincere lui, anche come tributo a Dalla. Sarebbe una bella storia, per quanto un po' ritrita.

Sugli altri: i the Kolors non c'entrano niente a Sanremo e lo sanno. Imperdonabili Elio e le storie tese, autoreferenziali e poco ispirati. Facchinetti con raceudine, la canzone si appoggia su Fogli ed è tutto ridere. Canzian più rock di gran parte dei giovani. Noemi fa da anni la stessa canzone, ma la fa bene. La canzone migliore di Annalisa finora l'ha scritta Kekko dei Modà, e questo dice tutto. A Barbarossa voglio bene. Gazzè scrive un ottimo esempio di storytelling, con una melodia sognante, ma per questo Sanremo serviva di più il Gazzè da battaglia, quello di Sotto casa e Il solito sesso. Nina Zilli a Sanremo è come la Fanta: alla fine la prendi che fa colore, ma è sempre una seconda scelta. I Decibel hanno stile, e Ruggeri il ritornello sanremese lo spara sempre. Renzo Rubino la delusione che non mi aspettavo, poco ispirato. Mario Biondi ha rotto le palle.

Capitolo conduzione: l'unica a condurre è Michelle, ma fa sembrare Sanremo come una Striscia la notizia senza il tapiro. Favino fa il suo, Baglioni fa Baglioni. Il monologo iniziale è bello e assurdo, sembra un messaggio di capodanno del Presidente della Repubblica, ma meglio. Non ha i tempi televisivi e non li vuole avere. Ma quando canta lui, altro che Stash.

Un'edizione solida, speriamo rimanga così.

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