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Fette di limone - Aridatece il buonismo

  • Immagine del redattore: Adriano Pugno
    Adriano Pugno
  • 12 lug 2017
  • Tempo di lettura: 2 min

Che poi vorrei capire chi ha inventato il termine buonista. Non nella sua solita accezione, intendiamoci. Il buonista è colui, secondo la Treccani, che si fa sostenitore di giuste cause con semplicistico buonismo. Quello che stigmatizza e non fa nulla, buono soltanto a criticare.


Proprio stamani ho sentito questo termine, buonisti, riferito ad Emergency. Quelli che costruiscono gli ospedali, che curano la gente nelle parti più disparate del mondo. Sintomo che qualcosa non funziona a partire dalle fondamenta, dal linguaggio, dal mondo come lo definiamo.


E mentre si dibatte su cosa è più liberticida tra il fascismo e l’apologia di fascismo, buonisti diventano tutti quelli che non fanno distinzioni per il colore della pelle o per la cittadinanza.

Chiaro, la situazione sta diventando difficile da gestire. Colpa di un’Europa che si tira indietro davanti alle proprie responsabilità e diventa vuoto di senso, puro involucro. Ma colpa anche di un imbarbarimento che non si vergogna più di essere tale, ma che si vanta di essere quello che è.


L’ho sperimentato sulla mia pelle in questi giorni. Amministro il gruppo Facebook del comune di Montefiascone. Nulla di ufficiale, intendiamoci: è una sorta di grande agora dove parlare dei problemi della cittadinanza, fare proposte, aprire un dibattito. Più spesso è un grande sfogatoio, dove lamentarsi e trovare un po’ di compagnia. Ma è umano anche questo.


Poi arriva una notizia, un nigeriano ospite di un centro d’accoglienza che commette una rapina. Un fatto spiacevole in un paese che negli ultimi mesi è stato frequentemente vittima di rapine, la maggior parte da italiani. Ed ecco che gli immigrati vengono definiti “sta merda che viene qua”, che si inneggia a Hitler contro questi che hanno i soliti, immancabili 35€ al giorno, gli smartphone e chissà cos’altro. Su un altro gruppo compare persino un’immagine con una barcone alla deriva, gli emigranti che stanno cadendo in acqua, morendo in acqua, e dietro la faccia sorridente di Hitler. Così, senza un minimo di vergogna per se stessi.


Colpa dell’ignoranza, del fatto che molti, dietro lo schermo, si dimenticano di essere persone che parlano di altre persone. Colpa del linguaggio che si è imbastardito, si è trasformato in urlo, racconto di un mondo che si riduce al proprio ombelico. Colpa delle parole che non definiscono più nulla. Parole come razzismo, per capirci. Perché loro, ci tengono sempre a specificarlo, non sono razzisti, ma.


Ma sono solo delle merde.

 
 
 

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Tanto per riassumere

Ho 26 anni e sono cresciuto a Montefiascone. Ora vivo a Torino, e sono passato dalla Fiera del vino al Salone del libro. Onestamente mi trovo bene in tutti e due.

 

Mi sono laureato in Lettere con una tesi sulla narrazione tra fiction e realtà di Cercas e Saviano, mentre alla Scuola Holden mi sono diplomato con un progetto sulla televisione a cavallo del secolo, parlando dell’Uomo Gatto e di Ciao Darwin.

 

Scrivo articoli per Repubblica, Vice e Tropismi. Amo comporre canzoni demenziali, guardare Techetechetè e ascoltare cose che andavano di moda 50 anni fa. Ma non nello stesso momento.

Al momento collaboro con la Scuola Holden. Mi occupo di Corporate Storytelling.

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