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Fette di limone - 883, venticinque anni dopo

  • Immagine del redattore: Adriano Pugno
    Adriano Pugno
  • 22 feb 2017
  • Tempo di lettura: 2 min

Da qualche anno c’è la tendenza a festeggiare gli anniversari. Anniversari di nascita, di morte, di prime e ultime opere. Possibilmente sono numeri con la cifra tonda. Servono a ricordarci chi ci ha fatto compagnia in questi anni, che tipo di strada abbiamo fatto, quale incrocio abbiamo immancabilmente toppato.

Tutte le strade, almeno quelle degli anni ’90, portavano agli 883.


Gli anni 90, Gli anni. Come fossero la stessa cosa. Ed è inutile dire che Max ci ha portato in un’era diversa, quella della sua infanzia, quella del grande Real visto dai bar di Pavia. Ci siamo identificati nei Fonzie e nei Roy Rogers mentre passavano Friends e i Levi’s.


La nostalgia è la moda del momento, e come ogni moda è destinata ad esaurirsi. La sbornia collettiva di Bim Bum Bam, Smackdown, Winner Taco, Non è la rai, persino i RagazzItaliani, persino loro, sembra già un po’ più lontana, le ultime chiacchiere davanti a un camino, che poi bisogna pure andarsene.


Ecco, se c’è una cosa che resterà di questi anni ’90, saranno proprio gli 883. Venticinque anni fa l’Uomo Ragno è stato definitivamente ucciso da un cantante fissato con i Camogli, le discoteche e le moto e da un ballerino improbabile, quel Repetto che ora lavora a Disneyland e la sua storia è talmente bella che non sembra vera, non può essere vera.

E dire che gli è bastato così poco. Alcune fissazioni, quelle di un ragazzo di provincia con l’esigenza di fuggire, o almeno di trovare una ragazza per la notte, o gli amici di una vita. La semplicità di scrittura, di espressione. Il bello di Max Pezzali sta in una profondità intima, quasi superficiale, in qualcosa che viene a galla e che ci ha fatto dire più di una volta che cazzo, è proprio così. Proprio come dice lui.

Le canzoni degli 883 ci stanno su misura, raccontano un decennio, il nostro, più di qualsiasi muro caduto, repubblica agli sgoccioli, rivoluzione tecnologica vera o presunta. E lo racconta da Dio perché noi ce lo siamo sempre raccontati così. E così ce lo ricordiamo oggi.

Pazienza se con gli 883 è finito anche l’incantesimo. Se le ultime canzoni sanno di ruggine, se Max è cresciuto e ha perso la connessione col pubblico, col tempo che è andato. Basterà un disco masterizzato, un autogrill, un pallone troppo leggero, una festa che sa di passato per farci tornare là.

Poi va bene, si va avanti, ma tra un pochino. Cisco sta ancora in bagno, che fretta c’è?

 
 
 

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Tanto per riassumere

Ho 26 anni e sono cresciuto a Montefiascone. Ora vivo a Torino, e sono passato dalla Fiera del vino al Salone del libro. Onestamente mi trovo bene in tutti e due.

 

Mi sono laureato in Lettere con una tesi sulla narrazione tra fiction e realtà di Cercas e Saviano, mentre alla Scuola Holden mi sono diplomato con un progetto sulla televisione a cavallo del secolo, parlando dell’Uomo Gatto e di Ciao Darwin.

 

Scrivo articoli per Repubblica, Vice e Tropismi. Amo comporre canzoni demenziali, guardare Techetechetè e ascoltare cose che andavano di moda 50 anni fa. Ma non nello stesso momento.

Al momento collaboro con la Scuola Holden. Mi occupo di Corporate Storytelling.

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