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Fette di limone - se Britney compie 18 anni

  • Immagine del redattore: Adriano Pugno
    Adriano Pugno
  • 18 gen 2017
  • Tempo di lettura: 2 min

Spotify mi informa che Baby one more time, il primo grande successo di Britney Spears, compie 18 anni.

Viene normale fare il conto: io 18 anni fa avevo 8 anni, quasi 9. Giocavo con il camper delle Micromachines, leggevo Topolino e guardavo Sailor Moon, sì, con la scusa di fare compagnia a mia sorella.

Sailor Moon la stanno ritrasmettendo in questi giorni, e pare sia anche più bella. La serie, dico. Forse anche lei. Sarà, ma pensare a voci diverse, canali diversi, sigle diverse mi fa venire in mente qualcosa di simile al sovrascrivere la memoria.

Come quando arrivano, vi prendono il Game Boy e mettono nuova partita, e tu magari eri al 99% o a 149 pokémon.

Ecco, sono tornato a 18 anni fa.

Dicevamo di Britney. All’epoca si vestiva da scolaretta, proclamava di voler rimanere vergine fino al matrimonio e poi ci ha ripensato con Justin Timberlake e Fred Durst, quello dei Limp Bizkit.

Cazzo, i Limp Bizkit. Ve li ricordate? Ecco, se penso all’espressione fomentarsi, mi viene in mente proprio quell’album lì, quel Chocolate starfish and the hotdog flavored water che non ho mai capito cosa volesse dire. Sentivamo quell’album e mettevamo le Art, scarpe talmente dure che avremmo potuto prendere a calci il mondo. Bello l’ottimismo, chissà dov’è finito.

Poi c’era Britney, lontana dalle provocazioni e da quel It’s Britney, bitch che sembra il Raz Degan di Perché sono fatti miei. Ma dove sarà finito Raz?

Io le parole delle canzoni straniere non le ho mai imparate. Non ci ho mai provato, mai fino in fondo. Ma quel I must confess that my loneliness is killin’ me now mi è sempre rimasto in testa, come fosse un presagio, qualcosa che ha colpito la stessa Britney. Pensateci, tutti i suoi primi successi girano lì intorno. Come quella Lucky, la stellina del pop che piange in segreto per la sua solitudine.

Dopo essere diventata Slave 4 you, sì, proprio te che stai lì davanti e magari ancora ascolti in segreto i Ragazzitaliani, ha completamente ceduto, con quella svolta da ragazza dura che piace tanto, nonostante il retrogusto un po’ amaro che sta lì, tra i fondi e tutto il resto.

Sono passati quasi vent’anni, siamo diventati tutti un po’ più soli. E mi ritrovo a pensare a lei, Britney, con quella gonna da scolaretta e una gran bella torta davanti. Con una grande festa, tanti amici, qualche birra di nascosto, un ragazzo tranquillo che le vuole bene. Impossibile vero? Qualcosa si è sovrascritto, la ragazzina è diventata grande, famosa, un'icona. È diventata quello che temeva. E la torta si trasforma in una vodka buttata da qualche parte, gli amici si nascondono nel cellulare che vibra da qualche parte. C'è qualcosa che non va in questo compleanno, abbiamo tutti sbagliato qualcosa. E chissà quante cose abbiamo perso.

 
 
 

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Tanto per riassumere

Ho 26 anni e sono cresciuto a Montefiascone. Ora vivo a Torino, e sono passato dalla Fiera del vino al Salone del libro. Onestamente mi trovo bene in tutti e due.

 

Mi sono laureato in Lettere con una tesi sulla narrazione tra fiction e realtà di Cercas e Saviano, mentre alla Scuola Holden mi sono diplomato con un progetto sulla televisione a cavallo del secolo, parlando dell’Uomo Gatto e di Ciao Darwin.

 

Scrivo articoli per Repubblica, Vice e Tropismi. Amo comporre canzoni demenziali, guardare Techetechetè e ascoltare cose che andavano di moda 50 anni fa. Ma non nello stesso momento.

Al momento collaboro con la Scuola Holden. Mi occupo di Corporate Storytelling.

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