Fette di limone - Big e presunti tali (pt. 1)
Ieri, sui Social, non si parlava d’altro. Nemmeno il tempo di annunciare la squadra, coloro che erano stati scelti, e già partivano le polemiche. Sempre gli stessi nomi, ogni santissima volta gli stessi nomi. Alcuni poi, inspiegabili. Bocciati più volte, bocciati da noi che siamo a casa e siamo chiamati a votare. Ma poi, incredibile, li ritrovi sempre lì.
No, non sto parlando del governo Gentiloni. Dai, non ci credo che abbiate ancora voglia di parlare di Renzi, referendum, presidente eletto dal popolo, dal parlamento, dal CNEL. Oggi voglio parlare di qualcosa che unisce e ci unisce, dell’evento più italiano che ci sia: il Festival di Sanremo.
Ad ogni edizione siamo tutti concordi: quest’anno il festival fa veramente schifo. Era meglio quello scorso. E ci troviamo lì su Twitter, che altrimenti non useremmo mai, a trovare battute divertenti, stigmatizzare con stile. Michele Monina è più rabbioso che mai, diventa un travaso di bile di forma quasi umana. Persino Luzzatto Fegiz, il decano, l’immortale Luzzatto Fegiz si veste di quell’espressione luciferina che impazza tra Dopofestival e Domenica In.
A Sanremo, però, mancano ancora due mesi. Non conosciamo le canzoni, le vallette, i superospiti. Soltanto i BIG, che per alcuni sembra quasi uno scherzo, un pallone d’oro a Ze Maria o il premio Strega a Er Faina.
Andiamo a conoscerli insieme, a capire chi sono. I giudizi saranno volutamente superficiali, sciatti, cattivi senza motivo. Perché Sanremo è Sanremo.
Albano
Il re di Cellino San Marco è tornato. Malgrado i due infarti di seguito, malgrado l’età non proprio giovanissima. Due anni fa si era fatto accompagnare da Romina, una passerella per festeggiare una Nostalgia Canaglia che non se ne va. Con tanto di flessioni in mezzo all’Ariston, per far capire al mondo e a se stesso che nel pantheon della musica italiana è ancora lui a comandare, altro che Rovazzi. L’ultimo Sanremo da concorrente lo aveva visto in un insperato terzo posto, con quella Amanda è libera che magari non ti piace, ma cazzo se ti entra in testa.
Ah, tanto per dire: Io Albano l’ho visto in concerto. A teatro, qui a Torino. La scusa è che mi hanno regalato il biglietto. Che vi dico: magari ci arrivassi io alla sua età con quella voce, con quelle vecchiette innamorate perse che hanno invaso il palco prima della fine abbracciandolo dappertutto. Più rock di tutta la beneamata scena indie nostrana.
Elodie
Elodie, per capirci, è quella che sembra un’evidenziatore. Lo so che è brutto, ma dai, ci siamo capiti tutti. Elodie è una dei tanti secondi classificati di Amici col singolo riuscito, che magari fanno molto più successo di alcune meteore vincitrici. Vedi la Iurato e lo stesso Sergio, di cui parleremo dopo. Elodie ha avuto la fortuna di avere come mentore e autore Fabrizio Moro, che è un po’ come avere un Mino Raiola più incazzato a farti i contratti. Che poi, Un’altra vita la canta molto meglio lui, ma lasciamo perdere.
Il nuovo brano lo ha scritto Emma, un’altra che vive di potenza e presenza scenica. Elodie è la fotocopia meno carismatica, una buona manierista da talent show. Sarà abbastanza?
Paola Turci
La Turci è una cantautrice di classe, molta classe. In Italia la conosciamo poco, soprattutto per un suo brano, Questione di sguardi, che poi non è che una cover. E dire che di festival se ne è fatti tanti: basti considerare che questa è la sua decima partecipazione come concorrente. Viene da pensare che questa, come altre, sia una scelta per ingentilire un Sanremo all’insegna della musica fast food, una specie di Tale e Quale senza imitazioni, almeno dichiarate. Probabile premio della critica, se la gioca con la Mannoia e Moro.
Samuel
Samuel è SamueldeiSubsonica, e viene subito in mente l’edizione del 2000, quel Tutti i miei sbagli che sarà anche arrivato undicesimo ma è ancora oggi un classicone. Per capirci, quel Sanremo lo vinse la Piccola Orchestra Avion Travel con un brano che, potrei giurarlo, nessuno di voi avrà sull’iPod. Il nostro microchip emozionale è pronto a farsi colpire da una scarica di sogni elettrici, giorni fragili, strade che ebbene sì, si lasciano gridare forte.
Certo, senza il resto della band il fascino viene un po’ meno. Ai concerti dei Subsonica quello che viene acclamato non è Samuel ma Boosta, quello con la tastiera che gira in tondo durante i concerti. Come se nei Queen quello famoso fosse John Deacon.
Fiorella Mannoia
Sono lontani i tempi sbarazzini di Caffè nero bollente: la Mannoia è diventata il prototipo di interprete impegnata, icona femminista con una voce bassa, quasi maschile. Quello che le donne dell’Ariston non dicono è che in fondo vorrebbero essere lei, con quella classe lì, che magari annoia e stufa, che pagheresti per avere un Bello Figo Gu sull’Ariston con tanto di pasta col tonno e Don Cappuccino al seguito, ma non sta bene dirlo. E l’applauso parte automatico, sempre.
Nesli & Alice Paba
La cosa che sorprende del fratello di Fabri Fibra è l’affetto, il calore dei fan. Magari non tantissimi, ma di quelli che si fanno sentire, che ti vengono a cercare nei concerti e ti spiegano che quello che provano ogni giorno è quello che stai cantando, roba di amore addosso, di vite che non ti guardano in faccia. Al massimo, sputano.
Alice Paba non so chi sia. Posso dire che ha vinto The Voice of Italy, un talent che sarà anche un po’ sfigato ma che il cavallo di razza lo tira sempre fuori, vedi Chiara dello Iacovo. Ah, c’è pure un articolo del sempre molto sereno Michele Monina, che in pratica ci spiega che glielo dobbiamo sucare perché Alice è bravissima e lui è l’unico a crederci dall’inizio. Contento lui.
Michele Bravi
Toh, chi si rivede! Michele Bravi, uno che vinse a sorpresa X-Factor con la sua classe, l’eleganza da bambino grande, e che infatti era sparito appena dopo i coriandoli, il premio e i cotillons. Non dico le opportunità che sono state date a Mengoni, ma almeno qualche pubblicità della Tim potevano farla fare anche al buon Michele, un talentino che paga quella faccia che sembra uscita da Ti lascio una canzone. Al Volo ha portato bene, a Michele chissà.
Fabrizio Moro
Io la butto là: Moro vincerà il festival di Sanremo. Troppo affetto da parte del pubblico, un sentimento che sembra quasi sfociare nel tifo, nell’attaccamento sanguigno. Moro e la sua aria da uno che ti dice le cose a brutto muso, Moro e le sue urla che ti graffiano, Moro e quella voce romana e roca di chi le ha viste tutte e te le vuole gridare in faccia. Altro che il Dibba. Si accettano scommesse.
Giusy Ferreri
Arriva Giusy Ferreri ed è subito 2008. L’era del primo X-Factor, dell’Italia di Donadoni, dell’ultimo governo Berlusconi, dell’immondizia a Napoli. Giusy Ferreri, che sembra sempre la covergirl amatoriale di Amy Winehouse, ha ritrovato il successo tra Roma e Bangkok arrivando fino al teatro Ariston. Proprio vero: spesso l’importante non è la meta, ma il percorso.
Gigi D’Alessio
Avete presente i finali degli horror? Quando il mostro sembra essere scomparso, sconfitto, e te lo ritrovi dietro la porta nell’ultimissima scena del film? Beh, signori, è tornato anche Gigi. Troppi i debiti verso Valeria Marini, che poi verrebbe da chiedersi come mai, con tutte le banche e i mecenati disponibili, dovrebbe chiedere i soldi proprio a lei. Quello che rimane da capire è se Gigi opterà verso un successo pseudo-latinoamericano, di quelli che fanno battere el corazon, oppure se cercherà di farci commuovere con le sue notti passate a letto per un giorno intero. E magari continuasse a passarle.
Giulia Luzi & Raige
Ed è subito Tale e Quale. Carlo Conti si è portato dietro una delle voci più apprezzate e votate del suo varietà, e meno male che non ha scelto Cirilli. La Luzi è attrice e cantante da film Disney, forse un po’ poco per vederla sul palco dell’Ariston. Raige onestamente non so chi sia, fosse stato against the machine sarebbe stato un po’ più facile. Una scommessa, quella di Conti, che spera di monetizzare i giudizi e le lodi di Claudio Amendola e Loretta Goggi. Sperando che il salto dalle imitazioni alla musica, quella vera, non sia troppo grande anche per lei.
(A presto la seconda parte con il resto dei big!)